“Alcune Asl hanno annunciato di aver pubblicato i dati di monitoraggio sui tempi d’attesa così come previsto dalla legge. Siamo andati a vedere e purtroppo i dati pubblicati non sono quelli richiesti dalla legge e quindi utilizzabili per fotografare i problemi e applicare di conseguenza i rimedi. Abbiamo l’impressione che ci sia bisogno di un ‘bugiardino’, un manuale d’istruzioni che parta col dire ‘apri un nuovo foglio Excel’”.
Lo dichiarano i Consiglieri regionali Fabiano Amati, Napoleone Cera, Sergio Blasi, Gianni Liviano, Ruggiero Mennea e Donato Pentassuglia, con riferimento alla notizia che alcune Asl avrebbero provveduto a pubblicare i dati di monitoraggio sulle liste d’attesa in sanità.
“La legge è chiarissima anche nelle modalità operative. Richiede la pubblicazione di un foglio Excel ove sulla prima colonna riportare a scorrimento i presidi ospedalieri e distrettuali e tutte le relative unità operative. Nelle colonne successive, in corrispondenza delle singole unità operative, bisogna riportare i tempi d’attesa del bimestre (o trimestre) per le quattro classi di priorità (Urgente, Breve, Differita, Programmata). Nell’ultima colonna, sempre in corrispondenza delle singole unità operative, riportare per comparazione i tempi d’attesa per l’attività a pagamento (ALPI)”.
“Si tenga conto – proseguono i sei Consiglieri – che questo sistema è già usato efficacemente da Innova Puglia per il monitoraggio delle settimane indice e per le prestazioni indice. Si tratta, dunque, di assumerlo come modello ordinario di monitoraggio e metterlo in rete. Si consideri, inoltre, che il motivo per cui la legge chiede il monitoraggio con quelle modalità non è riconducibile a mera ossessione statistica. Riflette, invece, una necessità molto pratica: tenere sotto controllo l’attività, fotografare i disservizi e applicare i rimedi. Con la conseguenza di agire per ridurre concretamente i tempi d’attesa, senza sparare nel mucchio, cioè colpendo l’intero sistema che per fortuna può contare di unità operative che non fanno registrare alcun tipo di disservizio”.
“E poiché, come sempre, prevediamo l’obiezione che ben-altro-è-il-problema, cioè la carenza di personale, ribadiamo che il disallineamento nei tempi d’attesa tra attività istituzionale e attività a pagamento si può dichiarare solo a parità di personale impiegato e ore lavorate. Ne deriva che la carenza di personale è certamente un problema che abbiamo e dobbiamo risolvere, ma non ha alcun nesso con il problema dell’allineamento dei tempi d’attesa – concludono –”.